Pillola blu o pillola rossa?

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Dottoressa cosa devo fare?

E’ questa una domanda che mi viene rivolta molto spesso nella convinzione che io abbia LA soluzione. Che ci sia qualcosa di pratico che si può fare per risolvere situazioni educative difficili e faticose. Far dormire un bambino che non dorme o mangiare un bambino che non mangia, far diventare rispettoso un adolescente che risponde male, o far smettere un bambino di fare i capricci.

Questa domanda nasconde dei presupposti:

  1. che ci sia una e una sola soluzione: ossia che ci sia una regola, un modo sempre giusto di affrontare il problema, come quando per abbassare la febbre so che devo somministrare la tachipirina
  2. che questa regola sia pratica, cioè consista in una serie di azioni concrete e specifiche: fai questo e poi quest’altro… ecc.
  3. che la soluzione sia rapida: se farai questo e quest’altro subito le cose cambieranno e il problema sarà risolto. Se ho il mal di testa, prendo l’analgesico e in mezz’ora il dolore è scomparso.
  4. che la soluzione sia universale: se seguendo questa regola risolvo  il problema oggi, la applicherò ogni volta e risolverò sempre il problema.
  5. che il problema sia nel bambino: c’è sicuramente qualcosa che non va in lui o lei, qualcosa che non funziona come dovrebbe. Il che preoccupa anche, perché fa ipotizzare disturbi fisici (perché si sveglia sempre la notte? perché non mangia?) o evolutivi (è normale che fa sempre i capricci?)
In altre parole la risposta che ci si aspetta dagli esperti richiama ai principi di efficienza e rapidità che caratterizzano la nostra cultura e all’idea di salute come rispetto pieno di una norma standard che anch’essa caratterizza la nostra cultura: i bambini devono dormire tutta la notte nel loro lettino, a 6 mesi comincia lo svezzamento, a 12 camminano, i bambini devono stare seduti fermi in classe a 6 anni ecc.
Forse sarebbe bello se fosse così (chissà…): per me sarebbe facilissimo, basterebbe prescrivere un comportamento, una regola e mi sentirei l’esperta più esperta del mondo. Sarebbe facilissimo per i genitori: problema – soluzione, facile e indolore. Devo dare la pillola blu o la pillola rossa?
Purtroppo (o per fortuna) non funziona così. I bambini – e direi gli esseri umani in generale – non funzionano così. L’educazione non funziona così.
Innanzitutto è un processo: richiede tempo e pazienza, nessun cambiamento umano è immediato né possiamo sapere a priori quanto tempo richiederà. Semino oggi per raccogliere domani. Ci vogliono mesi perché una mela maturi (https://lartedieducare.blogspot.com/2017/05/leducazione-e-un-processo.html).
In secondo luogo, è necessario avere informazioni corrette: come funziona il ritmo fisiologico del sonno dei bambini, cosa accade nel passaggio all’adolescenza, come si esprimono le emozioni nei bambini ecc. Per questo sono utili gli esperti.
Ma poi bisogna porsi in ascolto del nostro bambino o bambina per cercare di capire innanzitutto quale è il problema: perché non dorme? O non mangia? Di cosa ha bisogno? Perché mi risponde male? Cosa vuole dirmi? Porsi in ascolto richiede tempo, pazienza e la sospensione del giudizio: non è affatto detto che ci sia qualcosa che non va in mio figlio o mia figlia, molto più spesso ci sono dei bisogni che non sono capiti. Per questo quando i genitori mi pongono la domanda iniziale – dottoressa cosa devo fare? – il più delle volte rispondo con molte altre domande!
Solo dopo questi passaggi – informazione e ascolto – possiamo porci il problema della soluzione, che spesso è contenuta nelle prime due fasi. Allora possiamo ipotizzare non una regola, ma dei cambiamenti che i genitori – non il bambino! – potranno cercare di attuare per rispondere meglio ai bisogni del bambino e favorire il suo sviluppo in base alla fase evolutiva e alla sua natura. Cambiamenti che inevitabilmente richiederanno ancora una volta tempopazienza e capacità dell’adulto di cambiare alcuni aspetti di sé o della propria vita, per esempio modificare gli orari per andare a dormire o l’organizzazione del pasto per mangiare tutti insieme, o trovare tempo e voglia per guardare insieme al figlio adolescente l’ultima serie su Netflix che lo appassiona.
Per questo si dice che essere genitori è il mestiere più difficile del mondo. Perché non è un mestiere che qualcuno ci insegna e si impara. Semplicemente non è un mestiere. E’ la vita. E la vita il più delle volte non richiede soluzioni, ma impegno e disponibilità al cambiamento.

Dott.ssa Silvia Trombetta
Educatore Professionale – Counselor

Articolo tratto dal blog “L’arte di educare”

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